Per comprendere la mia attività artistica occorre considerarla nel suo insieme non frammentariamente. E’ necessario tenere fermo il punto focale della produzione, cioè l’atteggiamento critico ed analitico nei confronti degli eventi storico-sociali ai quali mi sono regolarmente ispirato. E’ un inesauribile diario scritto su tela. La breve parentesi figurativa giovanile racchiude immagini della mia terra, la Romagna. Dopo alcuni anni trascorsi a Milano a contatto con una diversa realtà, approdai ai primi tentativi di pittura che doveva rappresentare testimonianza del mondo reale che mi circondava: ”analisi del costume e condizione unana dei nostri tempi”. Nasce la “pittura cronaca”. Documento di denuncia che doveva proseguire con la critica del consumismo (virus introdotto dagli americani nel tentativo di distruggere la cultura europea), oggi ampiamente assoggettatasi. A partire dal 1965 (prima personale al cavallino di Venezia/Cardazzo) la produzione ondeggia tra due opposti poli sottolineando l’incoerenza del mio carattere, di cui non mi dispiaccio. Da un lato la registrazione neofigurativa dell’ambiente, dall’altro il piacere delle geometrie che mi conducono al rigore delle forme e contribuiscono alla nascita del periodo non figurativo e della “ricerca”. L’osservazione si sposta nuovamente sulla condizione umana nel rapporto con la società dove la macchina assume il negativo valore di totem. Siamo nel 1970, lo cito come memoria storica, quando le brigate rosse sconvolsero la nazione. La maturità poi addolcisce la rabbia. La contestazione si trasforma in difesa della natura aggredita dalla quotidiana violenza dell’uomo risvegliando amori assopiti,probabilmente interiorizzati ed elaborati da un lungo processo che giunge a polarizzarsi nel “ricordo”. Infatti la geologia delle immagini racchiude oggetti emblematici che dall’infanzia giungono agli anni della maturità accumulando frammenti che via via, nel cammino del percorso pittorico, si posano sulle tele. Questo intervento introspettivo registra emozioni lontane e presenti con la capacità di esprimere ciò che sarà, non ciò che è. Le tecniche utilizzate nelle opere sono ad olio, miste, spesso integrate da collage. Ogni artista racchiude un mondo fantastico che trasmette con la gioia dell’infanzia. Se così non fosse non ci sarebbe gratificazione. Pochi possiedono il dono dell’innocenza, se questo facesse parte delle mie qualità ne sarei felice, saprei che chi si accosta al mio lavoro riscoprirebbe la gioia dell’infanzia. Quello che conta, più del contenuto, delle inquietudini e oscuri significati spesso inattesi, è l’appagamento dell’immagine.
(da “Angoli Segreti, Frammenti di memorie”1995 Mario Frabasile)